A2A,
cittadini e piccoli azionisti: «Giovanardi presidente!»
Le recenti vicende montenegrine della società milanese e bresciana pongono nuovi interrogativi sul funzionamento di quella che dovrebbe essere una società pubblica al servizio dei cittadini. Rivoluzione in vista?
di Alessandro Gatta
07/10/2011
Cesare Giovanardi e Tiziano Sbardolini
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Cesare Giovanardi è arcinoto alla cronaca
cittadina (ma
anche nazionale) per la sua battaglia senza sosta contro la
possibile speculazione relativa al caso dell'ex
Oviesse, in cui il protagonista assoluto in negativo sembra
essere Brixia Sviluppo, società controllata dalla Loggia che negli
ultimi tempi ha concluso diverse
operazioni immobiliari che non tutti hanno condiviso. In questi
giorni però torna d'attualità una questione forse ancora più
grande, e che coinvolge un considerevole quantitativo di
denaro, uomini e mezzi, ripresa con un ampio servizio anche
all'interno de Il Fatto Quotidiano di mercoledì 5 ottobre. Il
riferimento è alla campagna acquisti di A2A in Montenegro,
di cui forse non si sa ancora moltissimo ma che di certo avrà una
risonanza a dir poco sontuosa. A2A è una società pubblica, nata
dalla fusione di altre due società pubbliche, le cosiddette
'energetiche' di Brescia e Milano.
"La vicenda montenegrina - spiega a
BresciaToday Cesare
Giovanardi - sta facendo emergere tutto quello che è stato nascosto
da manager e dirigenti. Stiamo parlando di un accordo
secretato che prevede impegni su assunzioni (circa 3mila dipendenti
montenegrini già assunti in A2A nel 2010 che si aggiungono ai 9mila
A2A esistenti) e investimenti multimilionari per le dighe e altre
infrastrutture. Da Podgorica arrivano queste informazioni,
là sanno quello che succede, mentre i cittadini che sono i primi
azionisti ne sono completamente all'oscuro. Questo è inaccettabile,
e credo sia giusto che i responsabili se ne vadano a casa
per la loro pessima gestione". Ma cosa vuol fare
Giovanardi?
"I piccoli azionisti ultra 60enni,
miei sostenitori e storici membri dell'azionariato, si stanno
impegnando per presentare la mia candidatura alla presidenza di A2A.
Vogliono ridare trasparenza e vitalità a un'azienda che rischia il
collasso per i troppi debiti e impegni e che manca di strategia per
il futuro ".
Una proposta non poi così campata in aria, perché
nell'ottica della gestione duale e alternata, nel pieno rispetto
dell'accordo di scambio che vigila su A2A, se ora la gestione è
affidata ai milanesi (Zuccoli) e la sorveglianza è dei bresciani
(Tarantini), a breve le due parti dovrebbero essere invertite. "La
nostra ultima chance è la gente comune - continua Giovanardi - e non
nascondo che la mia candidatura è una candidatura popolare.
Nessuno ne parla, ma stiamo assistendo ad una mobilitazione degli
azionisti, la gente è infuriata e adesso vuole delle risposte".
Ma chi sono questi azionisti? Uno su tutti è il
buon Tiziano Sbardolini, uomo di piazza che ha lavorato per
30 anni nell'ormai vecchia ASM e, ci garantisce durante il
nostro incontro in Piazza Loggia, non ha mai mancato un'assemblea
"per difendere pubblicamente quella che dovrebbe essere
un'azienda pubblica". Perché questa è l'unica verità, questa
è l'unica alternativa. Le controllate pubbliche in Italia purtroppo
non hanno mai dato esempi di diligenza assoluta, anzi. Il denaro
pubblico, per usare un eufemismo, è stato prima sprecato e poi
sperperato.
Dagli acquisti senza logica ai tanti dirigenti di
comodo, che Giovanardi non esita a definire 'prebende': "Il
sistema del monopolio crea necessariamente delle sacche di interessi,
senza dimenticare che molte volte la metà del tempo del management
si risolve nell'accontentare i contrari, nell'inseguire e nel
tamponare le critiche. Ci sono manager che incassano cifre
iperboliche per i comuni mortali stando seduti nei consigli senza
fare nulla, pagati carissimi per non dire niente. Queste figure
inutili devono essere ridotte, così come i compensi. Col tempo ci
siamo forse scordati che queste aziende devono ancora rendere conto
ai veri proprietari, la comunità dei cittadini azionisti".
Perché A2A in fondo è da sempre partecipe della
vita economica di Brescia, tanto che negli ultimi anni ha rimpinguato
le magre casse comunali con innesti più che milionari. "Il
Comune di Brescia deve liberarsi da questa dipendenza, la dipendenza
dei dividendi. Un Comune virtuoso non può e non deve comportarsi
così, dal 2006 in poi ha usato questi soldi solo per coprire i buchi
del bilancio corrente, riportandolo in attivo esclusivamente grazie
alla vendita dei pacchetti azionari". La questione è ancora più
calda se si pensa che l'iniezione di A2A è praticamente la
stessa a Brescia e Milano, 80 milioni di euro: ma se a Palazzo Marino
copre circa 1/12 delle spese correnti, a Piazza Loggia ne copre quasi
1/3.
A2A è un'azienda dal fatturato colossale, circa sei
miliardi di euro, ma sembra non interessarsi più né ai
servizi che fornisce ai cittadini né della tutela delle famiglie, e
non è poi così assurdo trovare a Brescia delle case popolari dove
si paga più di riscaldamento che di affitto. E poi le conciliazioni:
su 1,5 milioni di utenze risultano aperte solo una quarantina di
pratiche.
"I conti non tornano - tuona Giovanardi - Chi è
pulito deve dire basta! Basta con gli affari sospetti, basta
con le clientele, basta con le prebende. A2A è un centro di
potere formidabile, molto più potente della nostra Loggia, e come
tale si comporta. Serve una nuova moralità, una nuova trasparenza,
una nuova attenzione ai consumatori e ai piccoli azionisti. Quello
che vogliamo fare è una vera e propria rivoluzione
in A2A".
E le
rivoluzioni, si sa, partono dal basso.
O da un
folto gruppo di azionisti, ultra 60enni.